Federica Manzon Di fama e di sventura

8 settembre 2011
Scritto da: Susy

Non so da dove iniziare a raccontarvi Di fama e di sventura di Federica Manzon (Mondadori, 2011, € 16,50) senza svelare la trama, senza descrivere i personaggi, le loro ossessioni, le paure, le angosce, i sogni. Svelare la trama, significherebbe svelare il libro. Inizierò col dire che è scritto da una donna, la voce narrante è una donna, ma parla di uomini, di un uomo in particolare: Tommaso. Parla di fiducia tradita, di amore, di amicizia, di sogni e di aspettative deluse.
Parla della difficoltà di lasciarsi andare, di fidarsi ed affidarsi a qualcuno senza riserve.
E poi parla di fortuna e di tragica casualità.
Di destino potrei dire, scritto nelle stelle che Tommaso fin da bambino osserva ogni notte.
Senza svelare troppo della storia posso dirvi che Tommaso è un bambino che impara presto a conoscere il senso di abbandono, la solitudine, e la sgradevole sensazione di sentirsi indesiderato, zavorra.
Margherita, la mamma, muore alla sua nascita in un caldo giorno di luglio, il papà non lo conoscerà mai, ma lo sognerà sempre, una zia arcigna, gelosa di lui ed invidiosa. La nonna Vittoria che è forse l’unica persona in grado di trasmettergli amore incondizionato, ma anche lei finirà per tradirlo, lasciandolo solo a lottare con i suoi fantasmi, con le sue paure, lasciandogli una ferita dura a rimarginare che lo trasformerà lentamente ma inesorabilmente in un uomo duro, cinico, senza scrupoli ed impermeabile a tutto.
Anche all’amore di una donna, di un figlio.
Ma forse no. Tommaso non è impermeabile all’amore. Ha imparato suo malgrado che amare qualcuno, lasciarsi andare, arrendersi a questo sentimento significa abbassare la guardia, mostrare il fianco, essere alla mercé di qualcuno che in ogni momento potrebbe deluderti, tradirti, ferirti, farti cadere. Ha imparato a ricacciare le lacrime.
“E’ colpa di Vittoria più di tutto. Tommaso cerca ogni appiglio per non ammetterlo ma è quella l’accusa che gli rimane strozzata in gola e gli fa salire le lacrime.
Proprio tu. Proprio tu che, come mia madre morta in un giorno di luglio di troppa calura e mio padre scappato in preda a chissà quale debolezza, avresti dovuto proteggermi. Invece mi hai abbandonato.
Tommaso non è più il bambino che scende al volo le scale di casa lanciandosi nel vuoto tra le braccia della nonna, con il cuore leggero. Ora ha lo sguardo cupo, è il bambino che si è lanciato nel vuoto cercando l’abbraccio a proteggerlo e invece è caduto lungo disteso perché, a tradimento, non c’era nessuno a chiuderlo in quell’abbraccio”.
Ecco la storia di Tommaso: una vita impiegata ad innalzare barriere tra sé e gli altri. Non per arroganza o spavalderia ma piuttosto per paura, per autodifesa. Per proteggersi e non cadere più lungo disteso a terra.
Sullo sfondo il mondo della finanza, implacabile, inesorabile e senza scrupoli come Tommaso impara ad essere.
Non racconterò nulla di come si evolve il romanzo. Dirò che a tratti è stato “faticoso” leggerlo. Non perché sia scritto male, anzi. Piuttosto per le emozioni che suscita.
Da una parte la tenerezza per quel bambino e per la sua solitudine, poi ribellione per i piccoli soprusi che è costretto a subire senza nessuno che lo difenda.
Poi tristezza per il suo atteggiamento di diffidenza e chiusura che lo spinge lontano dagli altri ed isolato, chiuso in sé stesso.
Quel cinismo che prende il sopravvento sul suo cuore buono che chiede solo di essere amato e di poter amare….
Quella diffidenza che gli impedisce di dire quello che sarebbe tanto semplice e liberatorio dire.

Tommaso non è più capace di dire. Non è più capace di esprimere le sue emozioni, i suoi sentimenti.
Quando si abbandona è solo un piccola parentesi, breve,  poi riprende il controllo, si rinchiude nella  sua corazza.

Perché l’amore si impara.
Perché se cresci  affamato di amore, in un ambiente dove dimostrare le proprie emozioni è considerato sconveniente, dove devi imparare a cavartela da solo tanto non ci sarà nessuno a salvarti e a prendersi cura di te, a guardarti le spalle e non fidarti perché c’é sempre qualcuno pronto ad approfittarne… allora forse impari solo ad aggredire per non essere aggredito, a proteggerti per non soccombere.

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1 commento a “Federica Manzon Di fama e di sventura


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