Erri De Luca Il giorno prima della felicità e qualche citazione che resta impressa

22 agosto 2011

Scritto da: Susy

uest’estate sotto all’ombrellone, tra bambini chiassosi, vicini urlanti ed un caldo torrido, ho letto diversi libri tra i quali non potevo tralasciare uno dei miei autori preferiti. Si tratta di Erri de Luca ed il libro si intitola Il giorno prima della felicità (Feltrinelli,  € 7,00, pp. 133). Magistralmente scritto. Amo la scrittura fluida di Erri de Luca e le immagini che riesce ad evocare con le parole. Mi piacciono le sue storie che parlano di sentimenti antichi, di valori dimenticati, storie di uomini, amori, natura, morte. Racconta la storia di un uomo e di un ragazzo e si svolge in due tempi: da una parte la Napoli della guerra nel 1943 rivissuta nei ricordi di Don Gaetano, dall’altra la storia di un ragazzo ” o smilzo”, a cui Don Gaetano, tuttofare in un grande caseggiato di Napoli, insegna la vita e sullo sfondo la città di Napoli, con tutte le sue contraddizioni, con tutta la sua magia.
È la storia di un ragazzo orfano che Don Gaetano, dopo la morte della madre e la “scomparsa del padre” adotta, prendendosene cura. Non appare mai in tutto il libro il nome de ragazzo, solo il suo soprannome: “lo smilzo” per via del suo fisico mingherlino, «ti chiamavano a scigna (la scimmia), ti arrampicavi svelto come un topo sul tubo, (…) tenevi un coraggio naturale, senza pensiero». Don Gaetano gli insegna a lavorare veloce con le mani, gli insegna tutto quanto di pratico conosce (il lavoro di elettricista, idraulico, muratore, portiere), lo incoraggia nella sua passione per i libri, per lo studio, “studi con profitto, sei roba buona”, gli regala un passato attraverso il racconto dei ricordi di una Napoli scossa dalla Guerra, gli trasmette un senso di appartenenza, una famiglia che non è rappresentata da un padre o da una madre ma dal ventre della città stessa: «L’ascolto di Don Gaetano mi faceva testimone secondo del suo tempo. Era pifferaio il racconto e si portava dietro i miei sensi incantantati».
Il libro è scritto come fosse un diario, un diario nel quale lo smilzo riporta tutto quanto Don Gaetano gli insegna e tutto quello che impara sulla sua pelle, vivendo, sperimentando: la paura, la solitudine, il sesso, l’amore. Una scrittura che è pura poesia. Vorrei riuscire a spiegare quanto la scrittura di Erri de Luca possa conquistare, incantare. Quanto, leggendo, si possano persino percepire i rumori dei vicoli napoletani, le urla di quel cortile in cui lo smilzo cresce, sentirne gli odori, o scorgerne i colori.
Ecco alcuni passaggi che mi sono particolarmente piaciuti:
«Le storie sono acque che vanno in fondo alla discesa. Un uomo è un bacino di raccolta delle storie, più sta in fondo e più ne riceve».
«Nell’età delle commozioni il cuore non basta a reggere la spinta del sangue. Il mondo intorno è poco rispetto alla grandezza che si allarga in petto».
«La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori».
«Ero pazzo anch’io oppure quello era il nome impronunciabile di amore? Quando uno lo diceva al cinema, lo sprecava. Eppure gli attori erano specializzati a dirlo, avevano studiato all’accademia, si erano allenati allo specchio, esibiti davanti ad una giuria e alle platee infinite per dire infine: ti amo. Ma era meglio quello scritto sui muri e sulle scorze degli alberi. Aveva più fortuna di arrivare. Dirlo invece era uno sputo che cadeva sui piedi. Dirlo era sprecarlo».
«Perciò sapeva i fatti di tutti quanti, perciò teneva una tristezza pronta al peggio e un mezzo sorriso per buttarla via. Ai lati degli occhi si aprivano le rughe e da lì scolava la malinconia».
Ma sono solo alcuni stralci di un libro che mi ha davvero conquistata ed incantata. Sono troppo numerose le descrizioni, i passaggi che meriterebbero di essere citati.
Vi invito a leggerlo. Si legge d’un fiato ed appena finito viene voglia di iniziarlo da capo.

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