come cambiano i bambini
(Mario Lodi Cipì)

27 maggio 2011
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Scritto da: Adele

Ho comprato con entusiasmo Cipì di Mario Lodi per il mio bambino di 6 anni, ricordando come mi fosse piaciuto da piccola, quando la maestra lo leggeva nella mia classe alle elementari. Lei leggeva ed io guardavo dalla finestra, alti abeti e giardini, alberi di melo, gatti, cani e galline. E mi pareva di riconoscere Cipì fra i passeretti che in effetti popolavano il tetto della casa di fronte alla scuola. Ne seguivo le peripezie, guardavo gli agguati dei gatti che spesso mi portavano un uccellino morto o un topolino sulla soglia di casa. Sapevo che d’inverno gli uccellini morivano di fame, per questo lasciavo sempre qualche melina sull’albero, perché potesse servire loro d’inverno. Tutto il mondo di Cipì, in un certo senso, era il mio mondo. Per mio figlio non è stato così, leggevamo Cipì con crescente paura, la sua lotta per la sopravvivenza fra gatti, rapaci notturni e cacciatori era per lui un concetto sconosciuto. Il loro amico uccellino ucciso dal cacciatore, il fiorellino Margherì tagliato dal contadino, i figli di Cippicippi che non resistono alla fame e cadono nella trappola dell’uomo erano tutte cose sconosciute e inaudite Ad un certo punto mio figlio voleva che smettessimo, il libro gli sembrava terribile e tristissimo. I 36 anni di differenza fra noi significano molto di più di quello che pensavo, un allontanamento dai cicli naturali, dal ritmo delle stagioni, dal ciclo della vita e della morte. E soprattutto questo mi ha colpito: la non accettazione della morte come fatto naturale, in una natura in cui tutti gli animali fanno parte di una catena alimentare. La morte non esiste, è allontanata, non è contemplata nel mondo di mio figlio.

xxx

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