perché i miei figli non leggono?

23 febbraio 2011
Tempo di lettura: 3 minuti

Stasera ho finito di leggere ai miei bambini quello che loro chiamano Harry Potter 6, ovvero Harry Potter e il Principe Mezzosangue (Salani). Prima leggiamo il libro, poi vediamo il film, che loro trovano pazzescamente bello ma al confronto con la lettura è ben scialba cosa. Da quando ho iniziato a leggere per loro la sera, non c’è minaccia più efficace che quella di non farlo: funziona  meglio del classico niente tv. La metto in pratica in casi gravissimi, privarmi di quel momento è una punizione soprattutto per me. Ho cominciato che lui aveva 5 anni e lei 3 e mezzo, Io la giraffa e il pellicano di Roald Dahl (Salani) è stato il nostro primo libro insieme, ci fermavamo per spiegare un sacco di parole ma il giorno dopo ne ricordavano a memoria intere frasi. Sono seguiti la quasi opera omnia di Roald Dahl e un po’ di letteratura contemporanea per bambini (che qui cito a mo’ di consiglio), tra cui Abbaiare stanca di Daniel Pennac (Salani), La banda dei gelsomini di Zita Dazzi (Il Castoro), Cion Cion Blu di Pinin Carpi (Mondadori), Il grande Albero di Susanna Tamaro (Mondadori), un po’ di Bianca Pitzorno, la serie di Ottoline di Chris Riddell (Il Castoro) e un romanzo di quando avevo la loro età che li ha fatti impazzire come me a suo tempo, La banda dei cinque di Enid Blyton, temo ormai introvabile.

Ma la colossale abbuffata sono state le migliaia di pagine di Harry Potter che, quando si arriva agli snodi cruciali, mi costringono a leggere anche negli spostamenti in macchina, per la gioia sacrificale del mio stomaco. I miei figli adorano i libri, è evidente; una domenica pomeriggio di brutto tempo mentre ero a letto con l’influenza li ho visti stendersi sul divano per ascoltare un audiolibro (L’occhio del Lupo, sempre Pennac, sempre Salani). Eppure non c’è modo di convincerli a leggere da soli.

Daniel Pennac in quella “bibbia” sui ragazzi e la lettura che è Come un romanzo (Feltrinelli) sostiene che gli adolescenti non leggono perché noi, che per anni mentre erano bambini li abbiamo coccolati con la fiaba della sera, un bel giorno smettiamo, li abbandoniamo di punto in bianco mettendo fine a un momento fondamentale della relazione, con la pretesa che prendano il largo da soli nel mare inospitale delle letture da grandi. Sacrosanto. Ma  miei figli non sono ancora dolescenti e io non ho smesso! Ho anche promesso con formule solenni che non finirò mai di appollaiarmi con un libro sul piano di sotto del letto a castello, mai e poi mai, finché non saranno loro a buttarmi fuori dalla stanza e a supplicarmi di piantarla. Ma niente. Sanno quale magia si sprigiona dai libri, ma il rifiuto resta categorico. Leggere per loro è l’audio-mamma-libro, punto.

Si possono fare varie considerazioni in merito, dal bisogno di vicinanza alla più banale pigrizia, e ci si può consolare ipotizzando che prima o poi cominceranno a leggere se non altro per la statistica che vuole i figli dei forti lettori lettori a loro volta (succederà davvero?). Però, da mamma e quindi incline all’autocritica estrema, qualche volta mi chiedo se, con la mia eccessiva passione per la lettura insieme a loro, io non li abbia privati del piacere di inerpicarsi da soli su sentieri inesplorati – come si priva dello spirito di avventura il figlio che si cerchi di guidare in ogni passo per la bramosia tipicamente contemporanea di disegnargli una “vita perfetta”… Ok, forse sto esagerando, di certo sto divagando. Ma a questo punto vi consiglio di leggere un articolo della giornalista inglese Katie Roiphe uscito sul Financial Times e tradotto da Internazionale n. 882* con il titolo L’illusione del controllo. Poi ne parliamo.

*[si scarica gratis sull’iPad grazie alla bellissima app di Internazionale]

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