le infinite differenze dell’essere
(Antonietta Pastore Leggero il passo sui tatami)

19 novembre 2010
Tempo di lettura: 3 minuti

A pranzo con una collega, ho raccontato del mio imminente viaggio in Giappone. Mi ha consigliato Leggero il passo sui tatami di Antonietta Pastore (Einaudi, 2010, € 13,50), uscito qualche mese fa. Detto e comprato. È un libro piacevolissimo anche per chi non sta partendo per Tokyo e addirittura per chi non ha alcuna attrazione – o ha una repulsione – per questo Paese: perché la vera scoperta che fai leggendo questi capitoli, ognuno un “quadro” di vita giapponese vista con occhi occidentali, è che un mondo estraneo, anche quando l’hai veramente penetrato e conosciuto, resta estraneo, e proprio per questo ti insegna le infinite differenze dell’essere. Ti fa accettare nuovi criteri di giudizio, assimilare nuovi giudizi estetici e capire «l’inconsistenza del concetto stesso di buon senso». Antonietta Pastore ha sposato un giapponese conosciuto in Europa e si è innamorata del Giappone nel viaggio di nozze; andarci a vivere, quando lui gliel’ha proposto, le è sembrato bellissimo. Nel 1977 è cominciata la sua vita a Osaka, 16 anni in cui si è anche separata dal marito, senza però tornare in Italia. Troppi amici da non perdere, e quel Paese non le aveva ancora dato tutto. Trasferendosi in una nuova casa, Antonietta ha capito che parlare bene la lingua non era sufficiente, non poteva vivere da sola senza saperla anche scrivere. Gli ideogrammi sono una porta di ingresso, imparando a decifrarli riusciva meglio anche a parlare e capire, capire non solo le parole ma i comportamenti, le abitudini, i gesti, le formalità. Questo ha fatto la sua fortuna: Antonietta Pastore oggi è la traduttrice dei più importanti autori giapponesi tra cui Haruki Murakami, Natsume Soseki, Natsuki Izekawa, Yasushi Inoue. Ma soprattutto le ha permesso di percorrere fino all’ultimo i gradini della scala di gradimento di un occidentale per il Giappone, «qui ho vissuto una prima stagione esaltante nella scoperta di una società di incredibile raffinatezza, per conoscere poi un difficile periodo di rifiuto, e arrivare infine, attraverso fasi progressive di aggiustamento, ad affezionarmi a questo popolo formale, discreto e disciplinato, ma anche irrazionale, superstizioso, sentimentale e ingenuo». Non posso raccontarvi gli epidosi, spesso esilaranti e sempre stupefacenti, che Antonietta Pastore colleziona come pezzi di un puzzle da decifrare. Non farei che rovinarli. Ma posso dire che certe situazioni smontano il nostro incrollabile senso delle convenienze. Ci lasciano nudi e attoniti, ma felici della scoperta. Come nella gita in montagna, quando Antonietta vede gli otto tatami affiancati su due file su cui dormirà con degli sconosciuti, e dispone i cuscini in modo che le teste stiano lontane e solo i piedi si avvicinino; scoprirà il giorno dopo di aver scombussolato i colleghi giapponesi privandoli dell’opportunità di parlarsi fra sconosciuti, sottovoce di notte, testa contro testa. Se entri in un mondo che non conosci, fallo con delicatezza. Leggero il passo sui tatami. E non solo se si tratta di tatami.
[Vi consiglio questa intervista ad Antonietta Pastore: parla soprattutto del suo lavoro di traduzione dal giapponese. Si chiude così: « Quanto agli ideogrammi, è bene sapere che si riconoscono meglio se inseriti in un testo, piuttosto che isolati (questo d’altronde è valido per tutto)»].

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