Andrea Camilleri Il sorriso di Angelica
…e fanno 17

5 novembre 2010
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Andrea Camilleri, Il sorriso di Angelica (Sellerio, 2010, € 14,00, pp. 257). E con questo fanno 17: ma del commissario Montalbano è impossibile stancarsi. Lo aspettavo con famelica passione, dodici anni fa, quando in fondo al libro mettevano un dizionario del fanta-siciliano di Camilleri di cui ora nessuno ha più bisogno; lo aspettavo con ardore da innamorata fresca e non sopportavo che le pagine sgocciolassero via in fretta; poi è diventato un amore maturo, sempre caldo ma più pacato, non c’è passione che non si posi col tempo. E ora è come rivedere un vecchio amante che non puoi che amare ancora, e con sorriso indulgente ai difetti. Camilleri fa passare il tempo su Montalbano con naturalezza, e ce lo offre in un classico della prima vecchiaia, i ricordi di scuola che affiorano, i versi imparati a memoria stampati come tatuaggi nella testa. Quando incontra Angelica, una trentenne di spettacolare bellezza (venuta da Trieste ma originaria di Vigata e impiegata in banca) a cui hanno svaligiato l’appartameno, il commissario sente risuonare gli endecasillabi dell’Orlando Furioso e rivede l’altra Angelica, quella raffigurata sulla copertina del poema , che gli agitava i sensi quand’era picciotteddro. Montalbano cede, ancora una volta, a un sentimento che sulle prime pare amore, poi si spegne e sul finale lascia aperta ogni possibilità. La trama – fino a pagina 203 un’indagine per furto, poi complicata da un paio di morti – a onor del vero ricorda quella de La vampa d’agosto, ma anche de La pazienza del ragno e sì, La luna di carta… Il personaggio femminile, l’architettura di una vendetta, i sentimenti di Montalbano finiti su una giostra; un amante di vecchia data difficilmente sorprende. In compenso Camilleri è acuto a raccogliere piccoli sentimenti: come a pagina 115 quando Angelica sembra declinare un invito a pranzo e a Montalbano «il cori gli cadì ‘n terra e di certo riportò qualichi lesioni», ma non appena capisce che il pranzo perduto sarà rimpiazzato da una cena, «le lesione al cori della precedenti caduta si saldarono perfettamenti». E i versi dell’Ariosto sparsi nell’intreccio: creano un gustoso divertissement, e ci si stupisce di trovarli così belli dopo averli disdegnati ai tempi della scuola.

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