Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi

21 settembre 2010
Scritto da: Alessandra D’Ottone

Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi (Mondadori, 2008, € 18,00). «I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci». La solitudine dei numeri primi è il primo romanzo del giovane fisico torinese Paolo Giordano e ha vantato sin dall’esordio un sinergico consenso tra  pubblico e critica (è stato, infatti, l’incontrastato vincitore del Premio Strega 2008). Questo romanzo, appartenente al genere “di formazione”, racconta la storia di Alice e Mattia, entrambi torinesi (sebbene sia sostanzialmente taciuto ogni riferimento topografico), le cui vite vengono gravemente segnate da vicende accadute nella loro infanzia.
Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. È una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia, il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Resta sola, incapace di muoversi, al fondo di un canale innevato, a domandarsi se i lupi ci sono anche in inverno.
Mattia è un bambino dotato di una rara intelligenza , ma ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela umilia Mattia di fronte ai suoi coetanei al punto che, la prima volta che un compagno di classe  invita entrambi alla sua festa, questi  arriva ad abbandonare la sorellina  in un parco, con la promessa che tornerà presto da lei.
Questi due episodi sigillano l’inizio di due percorsi, le vite dei protagonisti, dalle conseguenze irreversibili per entrambi, due punti di irrimediabile non ritorno, due marchi a fuoco capaci di segnare  Alice e Mattia sino all’età adulta.  Le loro esistenze, pur con sofferenza, riusciranno ad incrociarsi e a scoprirsi profondamente unite eppure “matematicamente” divise. Due vite proprio simili a quei numeri speciali che i matematici chiamano “primi gemelli”: due numeri primi vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Difficilmente si immaginerebbe di poter associare uno sguardo così intimamente introspettivo ( come quello rivolto alle anime “sole” dei due protagonisti) ad una realtà altrettanto epidermicamente fredda, come quella matematica. Eppure la voluta ed asettica freddezza con cui Giordano racconta le due vite in questione, alternando momenti di dura tensione a scene in cui qualche speranzosa emozione si affaccia, ha la forza di coinvolgere le coscienze realmente sensibili. La fredda matematica può aiutare a riflettere sulla triste sorte di certi “numeri primi” che, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare le proprie emozioni, sono destinati ad arrendersi ad una vera solitudine e a restare implosi nel proprio universo. Verrebbe da chiedersi,a questo punto, se questa condizione di solitudine, di “non detto”, appartenga solo ai “numeri” in questione, o se invece questo romanzo sia lo specchietto per le allodole per provare a parlare delle difficoltà che oggi tutti i “numeri” hanno a comunicare realmente. E se il “baricentro” dell’universo fosse  proprio il silenzio di ognuno di noi con se stesso e con il resto del mondo?

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